E’ lecito ingannare il malato?
Ho ascoltato molto spesso il familiare chiedere: cosa devo fare quando mio marito, animato da un desiderio quasi ossessivo – che si manifesta sopratutto la sera all’imbrunire, ora in cui si acuiscono i disagi – insiste per uscire e tornare a “casa sua”? Come distogliere la sua attenzione dalla porta d’ingresso davanti alla quale si piazza scuotendo con determinazione la maniglia? O ancora, come posso convincere mia madre a non tornare in cucina e preparare una seconda volta il pasto appena consumato? Come persuadere mia moglie che la persona appena assunta quale badante non ha l’intenzione di spodestarla ed occupare ai fornelli il posto che à stato suo per tanti anni? Come evitare che mio padre, improvvisamente intollerante degli indumenti che indossa, cerchi con risolutezza di liberarsene appena lo abbiamo vestito?
Di fronte a simili atti irrazionali, molte persone sono prese dalla disperazione, ricorrono a vani ragionamenti e spesso si abbandonano a stressante arrabbiature. E’ qui che, con po’ d’inganno e qualche stratagemma, il nodo si può sciogliere.
E’ ragionevole ed anche saggio fare indossare al marito il capotto ed accompagnarlo “a casa”, facendogli fare invece il giro del palazzo e riportandolo a casa, dove si convince presto di essere finalmente tornato all’agognata vecchia dimora. E’ anche strategia corretta, invece di cercare insistentemente a convincere la madre a non rimettersi a cucinare, annunciare che è mancato all’improvviso il gas e incitarla, in attesa che torni, a sedersi vicino alla nipotina per leggerle la fiaba serale.
Se la badante appena assunta crea malumore e diffidenza,è giusto spiegare che si tratta di una amica venuta a dare una mano, e che non intende minimamente appropriarsi delle redini di casa. Anzi, avviene spesso che col tempo il malato si abitui a questa presenza estranea e che, dimenticando l’irritazione iniziale, finisca per affezionarvisi.
Ed è anche corretto di fronte all’ossessivo spogliarsi del padre proporgli un’alternativa. Per esempio, porgergli il pigiama o la vestaglia, facendo finta che è sera ed ora di prepararsi a dormire.
Se è vero che così incoraggiamo la menzogna, a volta è l’unico modo di evitare uno scontro, di attenuare l’aggressività del malato contraddetto, di assicurare la pace e la serenità del focolare.
Allora, direi sì, usiamo pure l’inganno ma a condizione che sia fatto con molta discrezione, molto amore, senza mai ledere la dignità del malato, nell’intento non di riportarlo con la forza alla nostra realtà, ma di aiutarlo a vivere armoniosamente la sua.
Federica Caracciolo